Lui & Lei
Visita al presepe 1º parte
di Liliana1980
15.02.2023 |
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"Aprii leggermente le gambe per consentire alle grandi labbra, di accogliere le sue dita in profondità..."
Lo so che in molti mi hanno chiesto di raccontare se Lilly è andata a riprendersi le mutandine,ma questa volta l’avventura che desidero raccontarti, si svolge nel mese di dicembre di molti anni fá,quando ero una giovane donna,ha inizio su un treno, ma la fine, beh!, leggi e lo saprai.Tranquillo vedrai che ti racconteró se sono andata a riprendermi le mutandine.
Siamo con la nave in bacino di carenaggio per una complicata riparazione.
Su suggerimento di una collega, andrò a vedere l’accensione del presepe in un paesino alle pendici degli Appennini Liguri.
Mi metto in borghese,firmo il libro di uscita,lascio libero il giorno di rientro,non so ancora per quanto tempo rimarró a terra.
Fa parecchio freddo, avrei dovuto indossare i jeans, ma mi piace troppo sentirmi le gambe libere, non per niente odio i collant, preferisco le autoreggenti.
Perciò, gonna un po’ lunga per i miei gusti, diciamo quasi al ginocchio, non stretta, calze di lana colorate autoreggenti, camicia un po’ pesante, niente reggiseno, piumino, ah!, dimenticavo, mutandine bianche.
Non mi è mai piaciuto trovarmi in mezzo alla moltitudine di persone, specialmente la ressa che si crea per salire e scendere dai treni.
Ma quel giorno, dovevo prenderlo, se volevo raggiungere questo paese, e vedere l’accensione del presepe.
Mi avevano sconsigliato di andarci con la macchina, ci avrei messo delle ore per arrivarci, e non so quanto tempo per parcheggiare, sempre che ne trovassi uno, per non parlare del viaggio di ritorno.
Andai alla stazione con un mezzo pubblico.
La banchina della stazione era un miscuglio di umanità che si accingeva a salire sul treno in arrivo.
Ricordo di aver pensato.
“spero che tutta questa gente non andrà a vedere la festa?”.
Non so se ci andava o no, non lo saprò mai, troppe fermate, chissà in quanti sarebbero scesi o saliti.
All'arrivo del treno, mi feci largo tra persone non sempre educate, riuscii, senza saper bene come, a trovarmi un posto in piedi in un angolo in fondo al vagone,girata verso il finestrino.
Inutile dire che mi trovai presto pressata come una sardina in mezzo a quella folla anonima.
Avevo una decina di fermate prima di scendere, non avevo alcuna ragione per affrettarmi verso la porta d'uscita più vicina.
Restare in fondo alla carrozza mi fece sentire, se non altro, lontana dagli spintoni che inevitabilmente succedevano ad ogni fermata, tra chi deve scendere, chi deve salire, e chi resta sul treno.
Ero schiacciata come tutti gli altri, in quella folla di uomini e donne, dai visi inespressivi e dagli sguardi perduti nel nulla.
Fu in quel momento che lo vidi.
O per essere precisa, prima ancora di vederlo lo sentii, perché si era improvvisamente incollato alle mie natiche.
All'inizio restai ferma, immobile.
Volli essere certa di quello che stavo pensando.
In quella carrozza affollata, urtarsi ad ogni sobbalzo è da considerare la cosa più normale di questo mondo.
Ma bastarono meno di due minuti, per farmi capire che quel contatto non era dovuto solo alla mancanza di spazio.
Non sono più una ragazzina inesperta, so riconoscere con certezza un pene duro quando lo sento al centro del fondoschiena.
Quello, era un gioco che avevo fatto molto spesso ai tempi della scuola superiore.
Mi serviva per eccitare in mezzo alla folla, quello che era il mio amante del momento.
No, non mi stavo sbagliando.
Lui era così vicino, che potevo sentire il suo respiro sul collo.
Cercai d'indovinare che tipo potesse essere.
Mi girai appena, quanto bastò per vederlo con la coda dell'occhio.
La sua altezza mi sovrastava appena un pó, nonostante io sia piuttosto alta per la media.
Ma quello che mi impressionò più di ogni altra cosa, fu la sua figura.
Intuii un torace ben allenato, massiccio, indossava un giaccone di quelli con il pelo interno, lo teneva aperto.
Buona la mossa, nessuno avrebbe visto che stava a contatto con il mio culetto, avrebbero solo potuto intuirlo, ma si sa, la gente se ne frega, potrebbe violentarmi e si girerebbero dall’altra parte, sia chiaro in questo momento la situazione mi fa comodo, ma questo non mi vieta di fare questa amara considerazione.
Ma lasciamo perdere le mie elucubrazioni mentali filosofiche, ritorniamo al reale.
Non era un ragazzo, di sicuro aveva passato i quaranta.
Restai un momento indecisa sul da farsi.
Pensai al mio ragazzo, alla promessa che mi ero fatta di non avere più nessuna avventura.
Ma la cosa mi stava eccitando, in me ritornava prepotentemente la Lilly perversa, vogliosa.
È poi che potevo fare?
Reagire con violenza a quella molestia, con il rischio di coprirmi di ridicolo, in quella situazione di sovraffollamento e menefreghismo.
Se l'avessi fatto, avrebbe avuto buon gioco nel farmi passare per pazza o visionaria e la gente si sa, non vuole rogne.
Avrei potuto cercare di spostarmi, anche di poco, solo per fargli intendere che quelle virili attenzioni non mi erano gradite.
Ma la verità è, mi attirava quello che stava per succedere, mi eccitava, perciò non feci assolutamente nulla.
Quando l'uomo vide che mi ero girata leggermente verso di lui, forse temendo una mia reazione, si staccò di qualche centimetro dalle mie natiche.
La perdita di quel caldo contatto, fu come se un insopportabile senso di vuoto si fosse, improvvisamente, creato nel mio corpo.
Fu probabilmente in quel preciso istante, che tutte le promesse e gli inconfessabili desideri, che da anni si agitavano dentro di me, quando sento di essere il desiderio di un uomo maturo, presero il sopravento, si risvegliarono di colpo.
Bastò solo un attimo.
Alvin, zia, le promesse, svanirono come la nebbia al primo sole del mattino.
Sentii il mio corpo muoversi in modo indipendente dalla mia volontà.
Non saprei spiegare cosa passò nella mia mente in quei pochi istanti, ma prima di mettere a fuoco i miei pensieri confusi, arretrai leggermente verso di lui, quanto bastò alle mie natiche per incontrare di nuovo quella verga dura come un bastone.
Fu come un tacito segnale, un assenso silenzioso che gli dava il permesso di restare lì, incollato al mio corpo fremente.
Mi sentii avvampare. quanto tempo era passato dall’ultima avventura avuto su di un mezzo pubblico, mi sentii rinascere, ero nuovamente desiderata.
Per un momento ebbi il timore che tutta la gente intorno a noi potesse accorgersi di ciò che stava accadendo.
Guardai in viso gli occasionali compagni di viaggio, lo feci solo per scrupolo, tirai un sospiro di sollievo quando vidi l'espressione assente dei loro visi.
La pressione del volatile contro il fondoschiena era aumentata, almeno quanto le sue dimensioni.
Cercai di immaginare come poteva essere in quel momento, la voglia era così forte, che lo vidi chiaramente nella mia mente.
Costretto sotto i pantaloni, con il glande violaceo, il gambo largo, le vene gonfie fino allo spasimo.
Quell'immagine, unita al pensiero di potermelo gustare, saldamente piantato fra le chiappe, mi fece sentire la passera bagnata come una fontana.
Ero talmente umida, che le mutandine ne erano impregnate.
Non ce la facevo a restare ferma.
Lentamente, inesorabilmente, con cauti movimenti, iniziai una serie di piccoli spostamenti.
Solo quando il convoglio entrava in una stazione e cominciava a frenare, provocando spesso bruschi scossoni, affondavo i colpi all'indietro in modo più deciso e violento.
Come se spingendomi verso la sua verga, volessi offrirgli la possibilità di farmi penetrare attraverso i vestiti.
A quello sconosciuto, probabilmente non sembrava vero che quel giorno la fortuna lo stesse aspettando in un vagone, sotto le sembianze di una ragazza trentenne, con un culetto, bello e sodo.
Le fermate si susseguivano, la gente scendeva e saliva, peró la carrozza restava sempre affollata, permettendo così allo sconosciuto di masturbarsi, sfregando avanti e indietro il pisello contro le natiche.
Ad un certo punto, prese coraggio, sentii la sua mano intrufolarsi sotto la gonna, cominciando a salire lentamente tra le cosce.
Non ci volle molto perché due abili dita si facessero strada sotto le mutandine.
Le gente intorno a noi continuava a non accorgersi di nulla, io ero ormai completamente partita, confusa, coinvolta in quel gioco eccitante e perverso.
Aprii leggermente le gambe per consentire alle grandi labbra, di accogliere le sue dita in profondità.
Sentii i miei umori colare sulla sua mano, mentre, con il pene non smetteva la lenta masturbazione.
Dovetti mordermi un labbro, per non emettere un gemito di piacere, quando mi sentii penetrata tra le natiche, dal suo pollice.
La testa mi girava leggermente, sia per il caldo, ma soprattutto per la forte eccitazione.
In quel momento annunciarono la stazione nella quale avrei dovuto scendere.
Mi girai verso di lui, sottovoce, quasi un sussurro, mormorai.
“basta, adesso, devo scendere, hai avuto quello che desideravi”.
Sempre in un sussurro.
“manca ancora qualche minuto alla stazione, a lui gli manca poco per gioire, ragazza mia, non mi posso fermare”.
Lo disse ansimando, con una voce che diceva tutto su quello che stava provando.
Ancoro un sussurro dietro l’orecchio.
“di la verità ti piace sentirlo, c’è l’ho duro come il marmo, sto venendo”.
E infatti, meno di un minuto dopo, lo sentii premere il pisello nel solco, con ancora più forza, la pressione diventò talmente forte, che dovetti aggrapparmi al reggi persone per non essere spinta in avanti e venire schiacciata contro il vetro.
Sentii chiaramente gli schizzi arrivare.
Avrei preferito che mi arrivassero diritti dentro la passera in fiamme, anziché sapere che avrebbero terminato la loro corsa dentro i pantaloni.
La pressione si allentò gradatamente, sentivo la verga perdere poco a poco la sua consistenza.
Il treno stava entrando nella stazione.
Caro amico mi fermo, devo riordinare i ricordi, ma soprattutto calmarmi un po’ la micetta.
Sarebbe bello potessi farlo tu.
Un bel bacione.
A presto.
…continua…
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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